Un estate a
Palermo, era il 1978. Invece delle solite due settimane ci passai due mesi, Luglio
ed Agosto, da mia zia Silvia ed ancora abitava in Via Zandonai.
Era una stagione dove ne ammazzavano quasi uno al
giorno. Imparai termino come “carnezziere” invece di macellaio ed altri ancora.
Venni a
sapere in seguito che mia zia aveva detto ai miei genitori, mio padre era il
suo fratello minore, di mandarmi li perché ero troppo magro e che mi avrebbero
ingrassato loro.
Non tornai
però a Genova carico di calorie, ma di musicassette BASF registrate in radio da
mio cugino.
Tra cui un
artista che mi ha accompagnato fin da allora, Al Stewart.
Chi, Rod Stewart? No, ma chi è il fratello di
Rod Stewart? Queste le domande ironiche e le battute che correvano allora.
La BASF da
90 minuti aveva sul primo lato “Time Passages”, uscito quasi un anno prima. Del
quale non conoscevo manco un pezzo.
Sul retro
avevo registrato “Year Of The Cat”, il disco dell’omonimo pezzo che lo fece conoscere
un po’ dappertutto ed anche in Italia. Vinile uscito due anni prima nel 1976.
Come al
solito musiche e testi. Stavolta forse non impegnati ma molto evocativi, quasi
dei film.
Per
inquadrarlo, due cenni biografici.
Il suo
vero nome, completo, è Alastair Ian Stewart ed è nato a Glasgow,
Scotland nel finire del 1945.
Durante gli
anni sessanta viveva a Bournemouth e suonava in una band locale, “The Trappers” e già scriveva canzoni originali. Mentre
frequentava il Wycliffe College nel Gloucestershire, acquistò la sua prima
chitarra da Andy Summers, che più tardi avrebbe raggiunto il successo e la fama
come chitarrista dei Police.
Frequentando
l’ambiente folk inglese, abitando in un appartamento con Paul Simon, divideva
le bollette con gente come Bert Jansch, Cat Stevens, and Roy Harper.
Quest’ultimo
famoso grande cantautore inglese, apprezzato anche dai Led Zeppelin che in “Led
Zeppelin III” inserirono un pezzo chiamato
“ Hats Off to (Roy) Harper”.
Jimmy Page diceva che i Zep apprezzavano la fedeltà e la coerenza di
Harper ai suoi principi, senza cedere alle pressioni delle case discografiche.
Harper è anche
la voce solista di “Have A Cigar” , in “Wish You Were Here” dei Pink Floyd,
1975.
Nel 1975
Stewart stringe la prima collaborazione con Alan Parsons (produttore, non
dimentichiamolo, di “The Dark Side Of The Moon”, dei Floyd, nel 1973) e nel giro di due anni si fa
produrre forse i suoi migliori album, quelli di cui parleremo. Ed arriva il
successo mondiale.
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| Year Of The Cat |
Il primo
“film” di Al Stewart, così chiamerei i suoi pezzi, "Year of the Cat" è una canzone che
racconta di un incontro di un turista che sta vistando un mercato orientale,
dove conosce una donna misteriosa, vestita di seta, che lo porta via per
un’avventura. Che finisce il giorno dopo, quando lui, al risveglio, si accorge
che il bus turistico è ripartito senza
di lui e ha perso il biglietto.
Ma sono le
micro sequenze che descrive il pezzo che sono bellissime.
In un
mattino simile ad un film di Bogart, lui passeggia tra la folla come un Peter
Lorre che sta organizzando un crimine quando lei “esce dal sole con un vestito
di seta che corre come un acquerello sotto la pioggia…
La donna non
gli da tempo per le domande, mentre lo abbraccia stretto e lui la segue fino a quando il suo senso
dell’orientamento sparisce completamente…poi lo introduce in una porta segreta.
Sono in
camera sua e lei ha uno sguardo affascinante, i suoi occhi brillano come la
luna nel mare e entra in camera profumata di incenso e patchouli e poi vanno a
letto insieme…
Al Stewart si
apprezza per gradi.
Un pezzo
come “Year Of The Cat” o la magnifica
“On The Border” ti fa accorgere di lui. Poi senti e risenti i pezzi e ti
accorgi della grande qualità musicale… Poi apprezzi i testi, se sei incuriosito
come me… Alla fine scopri i cosiddetti “pezzi minori” che invece sono delle
perle, come nel caso dell’album “Time Passages” di cui parleremo dopo.
“On The
Border” è un pezzo, tra quelli più conosciuti se non il più conosciuto e
contiene tutti i “parametri” “Alstewartiani”…
L’intro di
piano, le svisate di chitarra classica…
È un brano
dal ritmo sostenuto e con una musica molto accattivante, considerato tra i
migliori dell'intera produzione di Al Stewart.
Poi "Midas
Shadow". Altro frame, altra sequenza…
Un giocatore
arriva in hotel, posa la borsa per terra e guarda gli alberi tropicali fuori
dalla sua finestra. Poi pensa che se non rischia non otterrà mai nulla.
Ed allora
decide di rischiare il tutto per tutto. Lancia i dadi ed allunga il volto per
vedere i numeri usciti.
Ha sempre
barato ma la fortuna che ha sempre funzionato cambia con le stagioni.
Si ritrova
al check in dell’aeroporto, con la carta d’imbarco in mano, a farsi domande sul
suo futuro…
"Flying
Sorcery" è dedicata ad Amy Johnson, la prima aviatrice britannica
“You can touch the morning air
against your wheels/Puoi toccare l'aria del mattino contro le tue ruote”
Come si fa a
descrivere un decollo con poesia? Così….
Nel 1978
arriva il capolavoro definitivo o, se preferite, l’estensione di “Year Of The
Cat”.
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| Time Passages |
“Time
Passages” è qualcosa di più. Non ho mai contato le volte che l’ho ascoltato.
Allora,
nell’estate che ho citato prima, ascoltavo solo i pezzi più immediati, come
“Valentina Way”, molto rock, “A Man For All Seasons”, “Almost Lucy” e mi fermavo immediatamente dopo “The Palace
of Versailles”.
Col tempo, col passare degli ascolti… Pensate che
ce li ho pure sul telefono, quando ascolto “Year Of The Cat” e “Time Passages”,
vado ad ascoltare gli ultimi pezzi, che non consideravo mai…
Quindi
ignorerò volutamente “Time Passages”, sebbene la “title track” sia un po’ la
base per navigare nell’album, col suo narrare di passaggi nel tempo che poi
verranno ripresi in una canzone che è pura storia, “Palace of Versailles”.
Solo “Timeless Skies”, “Song On The
Radio” e “The End Of The day”, le ultime tracks.
“Timeless
Skies” ha dalla sua un titolo fantastico. I critici dicono che lui abbia la
capacità di “trovare” i titoli giusti per le sue canzoni. Verissimo. “Cieli
senza tempo”.. Lui viaggia verso nord su una stradina di campagna ed alla fine
arriva nel villaggio dove è creciuto. Sale in
alto sulla collina per vedere le case dall’alto, i tetti d’ardesia e
vede che il villaggio si muove…
Ma lui e la
sua ragazza sono nei campi, sotto cieli senza tempo arcadiani.
Alla fine
lui si lascia il villaggio alle spalle, nella notte.
Come in
tante canzoni ritorna il tema. Arrivo, incontro con una persona, e poi alla
fine la fuga…
Ma la
chiusura è di nuovo poesia pura: “E in un altro villaggio in una terra
straniera lontana/Il nuovo giorno scoppia aprendogli la mano/E il sole ha la
luna nei suoi occhi/Mentre vaga nei cieli senza tempo
Certe volte la nostra lingua non
rende bene: “And in another village in a far off foreign land/The new day
breaks out opening up its hand/And the sun has the moon in his eyes/As he
wanders the timeless skies”
Arrivo a
“Song On The Radio”, forse il pezzo che più mi piace della sua discografia.
Un altro
“Screenplay”, l’ennesimo.
Il
protagonista sta guidando l’auto in una terra “desolata”, attraversando paesi
dopo paesi, cambiando la stazione radio, pensando sempre a lei.
Gli dice che
raccoglieranno i giorni, mettendo via i bei momenti e che lei è nella sua mente
come una canzone alla radio…
Si ricorda
la prima volta che l’ha vista, da sola al buio, con un drink, con le candele
accese intorno a lei, assorta nei suoi pensieri, con lo sguardo perso lontano,
senza ascoltarlo
Chiudiamo con “The End Of The Day”.
Stavolta è
lei che se ne va, delusa da un lui.
La sera
quando il giorno arriva alla fine, lei lascia la casa dalle luci luminose/Si
ferma e guarda le torce che illuminano i
cieli, immersa nel suo cappotto /Qualche volta pensa di conoscerlo bene,altre
volte no
Sa che nulla
dura e cerca di resistere.....
E resterà
con lui fino al giorno in cui troverà/ Uno sconosciuto tra le sue braccia
Qualche
volta penso che sia difficile spiegare il motivo per cui ci piaccia un
pezzo. La musica, il testo? Troppo
banale…. Prima o poi le note finiscono…
Allora cosa?
Anche le
parole ti portano da qualche parte ma poi le dimentichi, svaniscono, sono
parole, appunto…
Rimane la
sensazione, qualcosa che ha sfiorato la tua anima, che è entrata, e che credevi
se ne fosse andata fino a quando una
radio, una sensazione che avevi accostato alla musica, improvvisamente, si
ripropone, dopo tanti anni.
Questo è Al
Stewart….


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